Depuis quelques mois, avec HDA , nous organisons des Ateliers de Formation d’Architecture Parametrique et Grasshopper à Paris, en collaboration avec Rhinoforyou. Cet article est une copie de celui publié sur complexitys.
Comme nous avions déjà annoncé en Mai, et comme il est annoncé sur le site de Rhinoceros, HDA démarre une nouvelle activité en collaboration avec Rhinoforyou, et organise des formations Grasshopper intégrant un Atelier pratique d’Architecture Parametrique. Un de ces cours de formation est prévu à Paris du 20 au 22 septembre. Nous souhaitons proposer les 3 formules suivantes en fonction des besoins des stagiaires:
– 3 jours ( Initiation+Atelier ) : du lundi 20 septembre au mercredi 22 septembre – 2 jours ( Initiation ) : lundi 20 et mardi 21 septembre – 1 jour ( Atelier ) : mercredi 22 septembre
Les 2 premières journées sont consacrées aux « fondamentaux » de Grasshopper avec en préambule une introduction au design et à l’architecture paramétrique et leurs impacts dans la conception, la création et la construction. La troisième journée sous forme d’atelier est dédiée à l’étude de cas concrets proposés par les stagiaires, qui, quelques jours avant la formation, pourront envoyer leurs projets par mail à info@rhinoforyou.com.
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Pour voir le programme ou pour plus d’information, consulter le PDF ci-dessous:
. Inscriptions et renseignements: Jacques Hababou, info@rhinoforyou.com. . Pour en savoir plus sur l’architecture paramétrique, vous pouvez consulter les supports de présentation de notre dernière conférence “Vers une Architecture Paramètrique” à l’Ecole d’Architecture de Paris La Villette.
A Milano, alla conferenza Urban Hybridization ho conosciuto Emanuele Bobbio, un giovane architetto torinese che si occupa di Agricoltura Urbana, un argomento molto interessante e al quale ho lavorato ultimamente nei progetti di CTRLZ Architectures.
Come dicevo qui ho anche fatto l’interessante conoscenza di Lorenzo Giacomini, filosofo interessato all’architettura.
Approfitto allora per condividere qui, con loro, la mia tesi di laurea, che trattava temi di architettura sensoriale, il rapporto fra architettura e vegetazione, e una ricerca sulla metodologia del sogno applicata all’architettura.
Nei giorni 15 e 16 Aprile ho partecipato alla conferenza Urban Hybridization al Politecnico di Milano, organizzata dal prof. Fabrizio Zanni.
Una serie di interventi di circa 30 minuti l’uno, di origine multidisciplinare (architettura, sociología, arte, filosofia) hanno animato un dibattito sulla nozione di ibrido e sui processi di ibridazione, in particolare riferimento alle questioni urbane come lo sprawl, la struttura urbana diffusa e lo spazio pubblico ibrido. Io ho avuto modo di presentare l’articolo Urban Aperture(s) che ho elaborato con il collettivo #thinkark.
Nella mia presentazione, centrata sullo studio dei cambiamenti percettivi e strutturali causati dalle tecnologie della comunicazione, ho suggerita l’idea che l’ibridazione non sarebbe, forse, un fenómeno da limitare all’ambito architettonico, ma piuttosto una struttura cognitiva che sembra particularmente adatta a descrivere i processi culturali, sociologici e percettivi del mondo contemporáneo.
Alla chiusura del convegno, l’intervento del filosofo Lorenzo Giacomini ha descritto benissimo quelli che per me erano ancora soltanto dei concetti vaghi. Alla fine di un discorso pieno di riferimenti interessanti, Lorenzo ha parlato dell’ibridazione come qualcosa di più di un semplice principio estético. L’ibridazione sembrerebbe avere un carattere chiaramente ontológico, una categoría particularmente adatta alla percezione e alla comprensione del mondo contemporáneo.
L’incontro di due giorni si è concluso con una tavola rotonda, durante la quale il prof. Fabrizio Zanni ha espresso la volontà, condivisa dalla maggior parte dei presenti, di dare un seguito all’evento.
Fare una pubblicazione, creare un blog partecipativo, insomma costruire una sorta di grupo di ricerca e monitoraggio sul tema dell’ibridazione (urbana e non). Oltre a questo, il prof. Zanni ha già proposto un CALL FOR IDEAS (un concorso aperto) per riflettere al progetto ibrido e quindi applicare le riflessioni fatte a un caso pratico.
La mia esperienza mi dice che se il lavoro viene fatto bene, si potrebbe fácilmente creare un punto di riferimento a avanguardia nel campo dell’architettura ibrida. La mia proposta sarebbe quella di alternare una constante virtuale (tramite internet, blog, twitter) ad eventi presenziali (ad esempio a Milano). Si potrebbe pensare al blog multiautore come il fulcro o la base di questo centro di ricerche sull’ibrido e poi, magari ogni anno, organizzare un evento in cui ci sia un incontro físico. Il blog e le operazioni su Internet sono abastanza facili e immediate: quello che serve per farle funzionare sono intelligenza costanza. Senza questi due requisiti, le informazioni si aggiungono alla massa informe di dati non visibili.
Suggerirei al prof. Zanni di trovare qualcuno che sia bravo con i blog e la web-communication (magari uno studende?) e assumerlo per qualche ora alla settimana per garantire un servizio che funzioni. Il blog convoglierebbe in un solo raccoglitore i vari interventi dei presentatori ma anche una ricerca sistematica sui temi trattati in altri ambiti, esterni alla conferenza ed esterni al nostro gruppo, visto che l’ibrido sta diventato una nozione sempre più utilizzata e ricca di spunti.
Naturalmente io e il collettivo #thinkark potremmo aiutarlo in queste operazioni. Personalmente, ho già creato il twitter Urban Hybridizations…manca solo farlo partire…
“Les fleurs sont les esprits des plantes
Qui suis-je ?
Une lampe-fleur
dans le vent”
I fiori sono le anime delle piante
Chi sono?
Un fiore-lampada
Nel vento
Ecco la nostra proposta per il concorso Progetti di Luce 2008, elaborata insieme al professore Jacques Louis Famery, designer-architetto, autore della famosa sedia Kaleidoscope. Ecco il testo di presentazione al concorso:
bLED (in francese “cerale”) riunisce con semplicità ed elegenza forme naturali, risparmio energetico, versatilità.
Come una spiga di grano, puo’ aprirsi con manipolazioni semplici ed immediate. Tre diffusori di luce, la cui forma ricorda forse quella di una foglia, si avviluppano attorno un Tubo Led verticale a basso consumo.
I diffusori, composti da una leggera struttura di aste flessibili e un rivestimento in textile traslucido, possono essere spostati tramite un semplice gesto grazie a tre barrette che sporgono all’estremità superiore della foglia.
La configurazione è libera, aperta per un massimo di efficienza luminosa oppure chiusa per una luce dolce e soffusa. Le tre foglie creano sovrapposizioni di ombre sempre nuove, giochi di pieni e vuoti, la loro interazione crea una magia relazionale che rende l’oggetto vivente.
Il basamento ed il Tubo Led sono concepiti indipendentemente dalle foglie, che possono essere intercambiate tramite un sistema di fissaggio intuitivo. Questo apre molteplici possibililità di personalizzazione a seconda delle preferenze e degli usi, e permette inoltre di cambiare nel tempo i colori, le luci, le atmosfere.
bLED proporre un sistema di filtraggio della luce tramite tre elementi distinti e independenti che sviluppano delle relazioni, e questo rende possibili una flessibilità d’uso, di forme e di cambiamento altrimenti impossibili.
Dans le dernier mois, notre travail For All the Cows a été pas mal publié et ce fait nous a permis de rentrer en contact avec des personnes et des blogs intéressants qui ont fait pas mal avancer nos réflexions. Entre elles, vendredi à Paris nous avons rencontré Louis, ingénieur génie urbain et étudiant d’architecture à Lyon, qui voudrait travailler, lui aussi, sur l’idée de décroissance en architecture.
Avec ce post nous voulons rassembler des liens et des références utiles à ce sujet.
Dans For All The Cows (PDF ci-dessus) nous essayons de voir comment traduire la notion de décroissance en architecture. Le projet a été initialement inspiré par les écrits de Serge Latouche, en particulier par l’article “Pour une société de décroissance” qui commence ainsi:
“Mot d’ordre des gouvernements de gauche comme de droite, objectif affiché de la plupart des mouvements altermondialistes, la croissance constitue-t-elle un piège ? Fondée sur l’accumulation des richesses, elle est destructrice de la nature et génératrice d’inégalités sociales. « Durable » ou « soutenable », elle demeure dévoreuse du bien-être. C’est donc à la décroissance qu’il faut travailler : à une société fondée sur la qualité plutôt que sur la quantité, sur la coopération plutôt que la compétition, à une humanité libérée de l’économisme se donnant la justice sociale comme objectif.”
Il y a quelque jours, dans le blog complexitys j’ai formulé la question suivante:
Alors, peut-on penser à une architecture de la décroissance? La question est difficile. Pour l’instant, on nous a bien vendu l’idée d’une architecture durable, mais comme Serge Latouche explique avec une logique irrépréhensible, le développement ne peut pas être durable, pour le simple fait que notre planète est limitée et non infinie. Il y en a alors qui commencent à mettre des points d’interrogation. Non plus “Architecture Durable” mais “Architecture Durable???” – superbe texte en espagnol de la journaliste Ethel_Baraona dans lequel on lit cette phrase prise d’un entretien de José Manuel Naredo“Nous en sommes exactement au même point qu’il y a 10 ans, parce que nous avons conservé toute cette mythologie de la croissance et parce que l’idée de la durabilité a été traité de manière trompeuse.”
D’autre part, le collectif #thinkark propose de re-penser la figure de l’architecte, et en particulier ils parlent souvent de ces architectes qui ne construisent pas.
Les CTRLZ – le nom vient de la combinaison de touche logicielle utilisée quand on commet une erreur et on veut “revenir en arriéré” – suivent ce même discours, en proposant avec leurs projets non seulement des bâtiment mais un modèle de vie différent, basé sur les relations, l’autoproduction, la vision de l’architecture comme acte politique. Des thèmes surement pas nouveau, mais qui semblent être particulièrement d’actualité en époque de crise économique et, en même temps, de révolution numérique (”La communication est architecture”).
Effectivement, la question de la décroissance en architecture est très compliquée. Si l’architecture se limite à la construction, il est évident qu’elle ne peut que produire de la croissance. C’est pourquoi j’ai envie de citer parmi les références pour une architecture de la décroissance, le mouvement d’avant-garde né en Espagne nommé #thinkark, qui propose de repenser le métier de l’architecte à l’époque de la révolution digitale e des la crise économique. #thinkark pense que l’architecture n’est pas que de la construction, ou bien que la construction de l’architecture et des espaces ne peut pas seulement dépendre de la matière – espaces hybrides et sensibles.
Bien sur, notre système capitaliste en agonie, essaye d’appliquer aux idéaux écologiques les mêmes notions de croissance, soit de surconsommation – Louis nous parlait de technocratie – : c’est comme-ça qu’on obtient les villes à consommations zéro dans le désert ou les architectures spectacles.
Je liste ci-dessous, de façon un peu libre et aléatoire certains autres références utiles pour la décroissance de l’architecture”.
1 / Ecosistema Urbano, agence d’architecture de Madrid qui travail avec une méthodologie d’acupuncture urbaine (petites interventions ponctuels, ils ne construisent du bâtiment que si nécessaire). Ils pensent que l’architecture n’est pas que le construit, mais elle se fait aussi par la culture, la communication, le social. Ci-dessous une image de leur Ecoboulevard (arbre d’air?), projet que je définirais socio-climatique…:)
2 / Ethel Baraona Pohl, web-journaliste, à suivre sur son blog, sur arkinet et aussi sur twitter.
3 / Meipi – espaces collaboratifs, cartographie citoyenne hyperlocal, parce que l’architecture de la décroissance ne peut qu’être participative.
7 / Guerrilla gardening, un mouvement d’activisme politique, utilisant le jardinage comme moyen d’action environnementaliste, pour défendre le droit à la terre, la réforme agraire, la permaculture.